
Quando abbiamo intrapreso l’avventura di creare un festival contemporaneo che, partendo dalla musica, si occupasse dei linguaggi artistici trasversali, quattro edizioni fa, abbiamo scommesso sulla ricettività del pubblico e sull’interesse attribuito a queste indagini.
Oggi su SIGNAL possiamo affermare due cose: la prima è che il festival ha acquisito nel tempo una sua fisionomia riconoscibile, seguita con entusiasmo da un pubblico eterogeneo, formato non solo da artisti e musicisti, gente “del settore”, ma anche da tanti appassionati dell’espressione performativa e da curiosi intellettuali di tutte le età.
La seconda è che SIGNAL è nato soprattutto per registrare la fine delle categorie che, fino a ieri, avevano delimitato le ricerche legate alla musica e alle produzioni artistiche digitali: visive, multimediali e installative.
Soppiantate da una sperimentazione vitale, aperta al cambiamento, che utilizza la tecnologia con passaggi fluidi tra i vari campi d’intervento, come documentato puntualmente anche in questa edizione.
I workshop, ingrediente specifico della formula SIGNAL, sempre incentrati sulle metodologie di elaborazione audio/video e d’interazione live, quest’anno sondano anche il campo del riciclo creativo applicato al design e alle pratiche musicali. Un invito a considerare che la sperimentazione non è solo un’astrazione confinata alla durata di una
performance, ma può investire ogni angolo della nostra vita.
Alessandro Olla, direttore artistico
[Cover image by Valentina Vannicola]