Giovanni Lami

SOLO

Il nastro magnetico come substrato ultimo per superfici di suono ruvide, sporche, indefinite. Un registratore a bobina, un mixer, due microfoni utilizzati direttamente su nastro e macchina, pochissimi campioni. Un lavoro statico ma in continuo divenire, all’interno del quale differenti livelli di suono polverosi – come il il nastro stesso, che rimanda alla memoria e alla degradazione – si avvicendano e interagiscono l’uno con l’altro, dando origine a una narrazione su più livelli.