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1 dicembre 2007
DISSONANZEN

"MAN RAY MOVIES
"

Casa Angioni
Via Neghelli, Quartucciu Cagliari
ore 21,30

  Tommaso Rossi – flauti
Marco Sannini – tromba
Marco Cappelli – chitarre, live electronics
Ciro Longobardi – pianoforte

I cortometraggi che vediamo nel concerto sono ordinati secondo un doppio criterio cronologico e formale. Il primo film è anche il primo esperimento cinematografico di Man Ray: Le retour à la Raison, del 1923, denota il suo carattere provocatorio a partire dal titolo; fu realizzato praticamente in una sola notte con materiali cinematografici in parte già pronti, e fu presentato durante la famosa serata dadaista del “Coeur à barbe”.
Esso si compone di immagini rayografiche e fotografiche, sequenze isolate, brandelli di pellicola impressionata, organizzate al di fuori di qualsiasi struttura formale e contenutistica: in questo è un perfetto oggetto dadaista, e il suo significato culturale era direttamente proporzionale al suo potere d’urto nell’infrangere, con la sua antistruttura, le convenzioni dell’arte e della cultura dell’epoca.
Segue un cortometraggio del 1928, L’Etoile de Mer, che ci trasporta in un ambiente in cui un certo vincolo narrativo tra le immagini ritrova un senso pur nella dilatazione dei nessi che le collegano. Lo stesso Man Ray ci racconta la genesi del film: “ Una notte dissi al mio amico e poeta Robert Desnos che sarei stato felice di realizzare un film su un suo scritto. Lui era in procinto di partire per un viaggio di due mesi, così io gli promisi che avrei finito il lavoro entro il suo ritorno se lui mi avesse fornito uno spunto prima di partire. Desnos accettò e, come promesso, la mattina seguente mi portò una composizione poetica scritta durante la notte: si trattava di una storia metà composta da sogno e metà da realtà, che vedeva protagonista una stella di mare che lui teneva in un barattolo accanto al suo letto.”
Emak Bakia, del 1926, ci riporta nel clima di casualità e di antistruttura de “Le retour à la Raison”, del quale utilizza addirittura alcune sequenze. Scrive Man Ray: “Una serie di frammenti, un cinepoema con certe sequenze ottiche, la costruzione di un intero che rimane un frammento. Così come è possibile apprezzare la bellezza astratta nel frammento di un’opera classico, allo stesso modo questo film tenta di indicare l’essenziale nella cinematografia contemporanea. Non è un film astratto ma non è una storia bell’e pronta: la sua ragione d’essere sta nelle sequenze di forme di luce in movimento, mentre le parti più realistiche servono da punteggiatura o da interruzione della monotonia dell’invenzione astratta. A chiunque sia capace di assistere ad un film di un’ora in cui il 60% sia composto da conversazioni inudibili (si riferisce naturalmente al cinema muto –ndr.) si richiedono venti minuti del suo tempo per seguire delle sequenze di idee più o meno logiche, che non hanno nessuna pretesa di rivoluzionare l’industria cinematografica. A coloro che chiederanno “la ragione di questa stravaganza” si puo` semplicemente rispondere traducendo il titolo “Emak Bakia”, un’antica espressione basca che significa: “non mi seccate”.

Le musiche d’accompagnamento alla proiezione sono concepite come improvvisazioni condotte secondo uno studio sulla “reazione” alle immagini attraverso la tecnica della libera associazione di idee, che riflette, se non in senso storico, in senso più strettamente programmatico uno dei punti cardine dell’ estetica Dada e surrealista.
Tali improvvisazioni partono sempre da un’ossatura centrale, che percorre l’intera performance, per la quale abbiamo scelto la musica di Erik Satie, in particolare le sue pagine pianistiche, recuperando così il “suono” della sala di proiezione dell’epoca, che prevedeva, nella maggior parte dei casi, la presenza del solo pianoforte. Dato il testo originale pianistico, si procederà alla progressiva “polverizzazione” della materia musicale (incisi melodici, elementi accordali, micro-strutture ritmiche), sviluppando in campo informale e improvvisatorio, ed estendendo a tutti gli strumenti del gruppo (ivi compresa l’elaborazione elettronica), gli elementi provenienti dalle pagine di Satie.
Il gioco si manifesta, quindi, anche come continuo “slittamento” tra sincronia e a-sincronia cronologica con il dettato filmico; rimandi al “profumo” epocale e scarti verso una più spregiudicata chiave di lettura musicale.

[a cura di Dissonanzen]